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“Schizzato fuori da Napoli come una pallina di flipper”, incontro con Erri De Luca
In un giovedì di metà aprile, in una biblioteca di quartiere, Napoli evocata ed amata dall’autore di “La doppia vita dei numeri”
25/06/2014, 09:49 | Arte e Cultura
Una mattina di marzo dell’anno passato, nei pressi di Villa Borghese, camminavo a piedi per andare al lavoro. A passo lento, respirando una natura odorosa di erbe nuove. All’improvviso, immersa nei miei pensieri mattutini, focalizzo la figura di un signore alto, magro e dinoccolato in compagnia di una signora. Ma sì, mi dico, quello è proprio Erri De Luca, lo scrittore che da anni leggo con passione. Gli ho sorriso un saluto, lui lo ha ricambiato, cortesemente, con un cenno del capo. Mi è mancato il coraggio di fermarlo, non ce l’ho fatta. Soggezione, sorpresa, timore di essere invadente mi hanno paralizzato.
Alcuni mesi dopo, leggo una delle ultime fatiche letterarie di Erri, La doppia vita dei numeri: un testo fantastico, una lettura emozionante, per la storia, per i personaggi, per il detto e non detto, e per la Napoli evocata ed amata.
Questa volta vinco la mia timidezza, scrivo ad Erri una e-mail solo per dirgli grazie. Da lì è un correre, un rotolare verso l’incontro, quello vero. Da regalare a me e ai miei fratelli di lettura.
In breve tempo, il contatto, la definizione dell’appuntamento. In un giovedì di metà aprile, dall’aria languidamente calda e incline all’otium, in una vivacissima biblioteca di quartiere, la nostra casa dei libri, ad aspettare Erri. L’atmosfera è festosa, la sala è piena di amici con il sorriso emozionato delle grandi occasioni,
Alla mia cara, infaticabile Marisa Valentini, responsabile della biblioteca, spettava il compito di fare di onori di casa e sarebbe stata bravissima, come sempre. Ne ero certa.
Ma io? A me spettava il compito di introdurre l’autore, di avviare il dialogo, come si dice. di dare il la. Ce l’avrei fatta? Non lo sapevo, non potevo saperlo. Ma mi è bastato incrociare il suo sguardo tranquillo, fare un respiro profondo e le parole hanno trovato la strada giusta e aperto la porta dei suoi racconti, dei suoi ricordi,delle sue emozioni. Che da quel momento sono diventate anche nostre.
Racconta Erri, racconta a ruota libera. “Schizzato fuori da Napoli come una pallina di flipper”, ha trovato una collocazione fuori di Napoli, la greca città nuova, senza peraltro mettere le radici da nessuna parte. Non si sente esule, ma neanche trapiantato, si definisce semplicemente un uomo “da Napoli”. Dove è la preposizione che fa la differenza: il “da”, quel moto da luogo, sta ad indicare l’origine, la radice, molto di più del semplice “di”,riferito solo all’origine anagrafica.
I miei due spunti, sull’adolescenza e la città di Napoli, hanno avviato una serie di riflessioni che hanno coinvolto tutti noi in un clima di complicità, dove ogni ritrosia e timidezza si è disintegrata. Dove il velo di commozione negli occhi di mia madre è stato, per me, il regalo più bello. Grazie ad Erri, le stavo regalando un volo all’indietro nei luoghi della sua infanzia e della sua giovinezza, un ritorno al suo liquido amniotico.
Perché noi siamo “da Napoli”, e il ricordo è la nostra vita.