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La vita “imprevedibile” nei racconti di Giuseppe Procaccini

21/01/2018, 17:14 | Attualità

Quando nel 2003 la scrittrice canadese Alice Munro vinse il Premio Nobel per i suoi racconti, gli autori di novelle e romanzi brevi si sentirono risarciti dall’onda della dimenticanza. Infatti anche le Case Editrici più coraggiose non scommettevano più su questa tipologia narrativa. Poi è arrivata la Munro “maestra del racconto” e di lì a breve sono comparsi anche in Europa gli autori di short novel, fino ai mini racconti tanto apprezzati in Spagna, in particolare in Catalogna.
Così Giuseppe Procaccini con il suo “L’Abaco dei sentimenti confusi, e altre novelle” (Gaffi Editore, 2017) si inserisce di fatto , e di autorità, in questa nuova vita e fioritura del racconto in casa nostra. Senza guardare all’estero potevamo ricordare, per esempio, le “Novelle per un anno” di Luigi Pirandello, per sentirci gratificati da una importante linea letteraria nazionale.

Il libro di Procaccini porta come titolo quello della prima novella che si presenta con un curioso susseguirsi di lettere dell’alfabeto per  realizzare l’identikit di un personaggio, Antonio, che abbandonato dalla madre, ricostruisce con la sua vita un tessuto di relazioni appunto “confuse”.
Un filo conduttore dei racconti, diversi per ubicazione ed intreccio, credo che sia da ritrovarsi nella originalità dei protagonisti nel loro essere “esemplari”, nella accezione di Cervantes, di una condizione del tutto unica.

Non manca l’ironia e la benevolenza dell’occhio del narratore che segue con simpatia i suoi personaggi e ne sottolinea, ai suoi lettori, i difetti , prima ancora dei pregi.
La vita professionale di alto dirigente dello Stato emerge nei testi narrativi di Procaccini in alcune spassose vicende come quella di Michelangelo protagonista de “Il parapioggia”, storia paradossale, ma non più di tanto, che si svolge negli uffici di Palazzo Chigi.

Ma non è questa una raccolta di novelle “professionali”. Fortunatamente. C’è invece spazio per una interpretazione dell’animo umano  nella sua tragedia/commedia quotidiana.
Così ci imbattiamo nella storia di Alice e Pasquale di “Rione La Fenice” , delicata vicenda di un innamoramento adolescenziale che resta intatto per tutta la vita. O “La faida del kakìs” che coinvolge una intera comunità del Meridione con strascichi ben oltre la naturale successione ereditaria o “Miracolo a Castelforte” con la descrizione di una vicenda umana molto dolorosa: un anziano professore che ha perso moglie e unica figlia, crede di vedere in Carla la figlia ritornata in vita e Carla accondiscende ad ascoltarlo.

Ma nei racconti di Giuseppe Procaccini c’è spazio anche per la storia vera: è questa che emerge nella bella novella “Il fratello” che, partendo da un’antica moneta, fa fare al lettore un salto temporale pazzesco e ci si ritrova nella vita di Simon Pietro e Andrea, proprio San Pietro e Sant’Andrea suo fratello!
Le vicende narrate sono tante come tante sono le vite delle persone, tanti gli scenari, da Napoli a Roma, da Anticoli Corrado a Rieti.

La vita non ha mai un andamento statistico, equilibrato o prevedibile” (Incipit di “Grida mute”): credo che questa sia la spiegazione più vera di quanto il lettore conosce nel libro di Giuseppe Procaccini.

E questa, in fondo, è la ricchezza che lo scrittore ha registrato nel suo vivere con sensibilità e cultura, e che ci dona nel suo Abaco, un vero “pallottoliere”  per far di conto sulla imprevedibilità della nostra esistenza.

NERIA DE GIOVANNI
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