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Con Luigi De Filippo si chiude una dinastia di napoletanità, di Pierfranco Bruni
05/04/2018, 17:41 | AttualitàApparteneva alla dinastia dei De Filippo. Luigi De Filippo, figlio di Peppino De Filippo, era nato a Napoli il 10 agosto del 1930 ed è morto a Roma il 31 marzo del 2018. La sua attività di attore, commediografo, regista, all’interno di una visione tra cinema e teatro, lo ha portato a seguire il tracciato della famiglia De Filippo. La napoletanità che ha ereditato si è trasformata in un punto di riferimento culturale in cui la recita è rappresentazione teatrale.
Luigi De Filippo ha portato una visione “altra” rispetto allo zio e al padre, ma la matrice è sempre stata quella, anche se ha legato il cinema al teatro, ossia la rappresentazione teatrale, che era dentro la sua anima, con la concezione dell’apparenza nel cinema. Il teatro era la sua vita in quanto costituiva l’adesione ad una dimensione in cui la commedia è diventata fondamentale in un rapporto tra vita e teatralità stessa.
Le esperienze di Luigi De Filippo sono state costantemente eterogenee. Nel ‘59 recita insieme a Claudia Mori, interpretando la parte del suo finanziato, nel film Cerasella diretto da Raffaello Matarazzo. Un film che vede la sua dimensione di attore cinematografico costituire una nuova visione di avvicinamento del cinema al teatro e questo lo si è potuto verificare anche dai suoi film precedenti, si pensi a Filomena Marturano, con la regia dello zio Eduardo del ’51, oppure a La leggenda del Piave del ’52.
Rappresentante di una nuova generazione, Luigi De Filippo si porta dentro una tradizione ben radicata nel teatro napoletano, europeo e mediterraneo. Nel cinema, che influisce notevolmente in lui, introduce il percorso già consolidato con la famiglia De Filippo, con la storia di Scarfoglio, con la napoletanità di Matilde Serao. Grazie a Carlo Ludovico Bragaglia porta in scena Nazzarella. Era il 1957.
Ritengo che l’apporto di Turi Vasile (grande registra, drammaturgo e narratore) abbia consolidato il senso della tradizione nella innovazione di Luigi De Filippo. Con Turi Vasile gira alcuni film, tra cui Promesse di marinaio nel ‘58 e l’anno successivo Roulotte e roulette, sempre con la regia di Turi Vasile. Si noti, quindi, come questo intrecciare di cinema e teatro abbia finito per costituire un nuovo modello di proposta culturale di recitazione.
Bisogna partire da un presupposto fondamentale. Tutte le figure che i De Filippo riproducono a teatro (protagonista o non protagonista) diventano “personaggio” poiché rappresentano il personaggio attraverso il concetto di maschera che Eduardo De Filippo mutua da Pirandello. Quel concetto di commedia di cui, sia Eduardo che Peppino, costituirono il punto centrale, in modo maggiore Peppino e in modo forte Eduardo, quando la commedia diventa ironia, filosofia del recitare.
In questo suo intrecciare chiavi di lettura importanti, Luigi De Filippo partecipa a diversi sceneggiati televisivi, tra cui La Piovra 3 nel 1987. In seguito prende parte a un film di Luciano Salce intitolato Quelli del casco (1987). Tuttavia, una rappresentazione che resta focale è In nome del popolo sovrano, del 1990, per la regia di Luigi Magni.
Nel 2013 partecipa anche alla miniserie per la televisione in quattro episodi dal titolo Pupetta - Il coraggio e la passione. Ecco come Luigi De Filippo riesce ad ottenere, all’interno del cinema, una parte significativa di una esperienza teatrale.
In Luigi De Filippo il teatro diventa “vita da commediante” e non solo. La napoletanità della eredità dei De Filippo trova nel figlio e nel nipote una interazione in cui la contaminazione dei linguaggi comprende la visione ereditaria di quella Napoli ben focalizzata all’interno della teatralità del vicolo, della strada, delle piazze. Luigi la trasporta in quelle storie attraversate da una modernità che legge la tradizione, a differenza del padre e dello zio detentori, invece, di una tradizione quale principio fondante. Ma loro hanno avuto altri maestri.
Luigi De Filippo parte dalla famiglia De Filippo e la intreccia alla tradizione di Scarfoglio, di Matilde Serao, di Salvatore Di Giacomo. La fonde a quella napoletanità dentro la quale il teatro dei De Filippo si è formato andando sempre oltre perché comprende che il teatro possiede delle fasi, non solo dal punto di vista del linguaggio, ma anche sul piano della gestualità.
Credo che abbia lavorato nel cinema con questa intenzione. Il teatro, diversamente dal cinema, necessita di maggiore movimento, di una visione di posizionamento sulla scena, di quel legame che è rappresentato dalla ribalta. Ma la ribalta, sapeva bene Luigi De Filippo, nasce all’interno del retroscena per poi divenire scena. Questo è il dato concreto di una attore, di un uomo che ha dedicato la sua vita a mantenere intatta una tradizione contaminandola di continuo con nuove esperienze.
Di certo è l’ultimo erede della tradizione dei De Filippo, ma è anche il punto nevralgico di una dimensione in cui commedia e tragedia diventano percorso onirico avente come fulcro centrale la drammaticità e l’ironia. Drammaticità ed ironia che Luigi De Filippo è riuscito a incarnare con molta lealtà e trasporto poetico.