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La memoria come tempo indefinibile per la Giornata Nazionale delle Tradizioni popolari, di Pierfranco Bruni

25/10/2019, 17:11 | Attualità

Un paese vuol dire non esser soli…

Cosa è una tradizione? A primo acchito mi viene in soccorso una metafora. Una tradizione potrebbe essere il non dimenticare. Ciò significa mantenere fede al ricordare. Ma il ricordo si perde nel tempo. Il tempo fagocita. Incita, traduce, trasforma. Non tradisce. Il tempo non è mai immobile. Agostianamente non sapremo mai cosa è il tempo.
La tradizione, invecem, è la trasformazione di un atto, un gesto, una azione in memoria, ovvero in ricordo che entra nella memori per abitarla. La tradizione è una memoria dentro il tempo. Immutabile, la tradizione si tra – manda, si rimanda tra generazioni di epoche e di civiltà e riporta sulla scena ciò che si è vissuto.  Nulla a che fare con il rimpianto. È la convivente della nostalgia intesa come “nostos”. 
Il 26 ottobre è la Giornata Nazionale delle Tradizioni popolari e del folclore.  Una importante proposta che dovrebbe farci riflettere sopratutto in un tempo sradicante e di sradicamtenti. Dovrebbe farci meditare anche sulle diverse sfaccettature che la Memoria nei popoli rappresenta.
Le tradizioni popolari sono modelli di cultura che la tradizione stessa nel viaggio tra tempo è ricordanze  ha trasformato in memoria. La memoria di una  civiltà che segnale una precisa identità. Le feste, i giochi, la piazza, il vicinato, le processioni, i cortei, i riti, il “cunto” intorno al braciere di inverno o insieme davanti al camino oppure d'estate davanti casa, come accade ancora, per raccontare e ascoltare.
Una Tradizione fatta di fatti, azioni, regole e i luoghi. Il luogo è parte integrante dei riti. Una Tradizione è un rito che si ripete.  Ripetere è tutto nella cultura popolare, la quale risponde direttamente al quotidiano dei popoli. Parte integrante della antropologia. 
Antropos e Logos. Ma bisogna interagire con la modernità. Le tradizioni popolari restano, appunto, nell'immaginario che si ripetono sotto forma non solo di rito, la gestualità del rito, ma sotto la simbologia dei miti. Sono i miti che alla fine si dichiarano. Noi parliamo il linguaggio dei miti. 
Le tradizioni popolari nei vari passaggi reali e metaforici resistono all'urto di una pressante contemporaneità attraverso ciò possiamo definire archetipi delle civiltà. Perché tradizioni? Perché popolari? La cultura si esprime nei diversi saperi. I saperi sono le conoscenze che solcano i secoli, le epoche, le età e diventano manifestazioni di una consapevolezza. 
Soltanto quando la tradizione assume la "virtù" della consapevolezza si trasforma in conoscenza. Le tradizioni popolari sono la conoscenza di un tempo nel quale i popoli hanno vissuto le loro età. Detto in questi termini si può pensare subito che una tradizione deve spesso confrontarsi, o fare i conti, con una metafisica delle civiltà. Resistono perché le tradizioni abbandonano la cronaca e diventano memoria. Il "popolare" come concetto è il dato che una "una volta" erano appartenenza dei popoli ed erano diffusi nel ceto cosiddetto popolare. 

Oggi è la memoria che ha senso. Ecco perché la tradizione è una memoria che resta nella ciclicità del tempo. Il folclore è una manifestazione di essa. Il canto, per restare ad un esempio, è manifestazione della tradizione perché essa si estende grazie agli atti, ai gesti, alla danza, alle feste, alla quotidianità:  dalla vita come testimonianza alla morte nei suoi moduli rituali, dal nascere al funerale, dalla culla alla celebrazione funebre. 
 

Folclore è ricordare manifestando  la vita dei campi. È l'uccisione del maiale nella cultura contadina. È la processione per ogni tipologia di ricorrenza. Il folclore è sempre più una manifestazione che raccoglie i segni della memoria popolare dei popoli.
Comunque Tradizioni popolari e Folclore sono l'inserto fondamentale delle Antropologie e dei fenomeni antropologici che caratterizzano la conoscenza e lo scavo nelle identità dei popoli che diventano segno autentico delle civiltà. 
Entra sempre in gioco il valore delle radici. Senza la ri - conoscenza delle radici non si ha tradizioni. Riconoscere e dare senso alle radici è abitarsi nella memoria che diventa ed è identità. Abitare la nostalgia non è essere nostalgici di un qualcosa che non può esistere più. È darsi appartenenza. Quella vera appartenenza che è Tradizione. I popoli nelle civiltà vivono di Memoria, ma per vivere di memoria hanno bisogno di riappropriarsi della nostal – gia. Dovremmo avere nostalgia della nostalgia del “nostos”.
Un paradosso? No. Si tratta di esplorarsi in quello specchio che l’esistere delle eredità. Una immaterialità che diventa infinito, ma anche indefinibile. La tradizione è un bene culturale che pone a confronto il ricordare la memoria con le azioni, i fatti e gli oggetti. In tal senso è l’immateriale che recupera il materiale per renderlo reale e immaginario nel viaggio delle esistenze. In fondo “un paese vuol dire non essere soli”. Come sosteneva Cesare Pavese. Ecco perché la tradizione è la memoria che mai ci rende soli.

 

 

PIERFRANCO BRUNI, Resp. Letterarura e Etnie, MIBAC
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