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Giorgio Parisi: una "illuminante" carriera di fisico, di Valerio Calzolaio
08/11/2021, 19:13 | AttualitàQui e ora, prima e dopo, là e altrove. Ma quanto? Circa 55 anni fa, alla fine del liceo, il recente Premio Nobel Giorgio Parisi (Roma 1948) era incerto se iscriversi a matematica (passione fin dall’infanzia) o a fisica (era rimasto colpito dalla concretezza delle scoperte moderne), optò per la seconda: “è assolutamente essenziale riuscire a tradurre il mondo in numeri, osservare come questi si evolvono e cambiano nel tempo, e alla fine costruire una teoria che li spieghi”.
Mentre un matematico per dimostrare un teorema deve arrivare a delle conclusioni al di là di ogni dubbio, un fisico si ferma quando ha raggiunto un ragionevole convincimento della verità delle sue conclusioni: “mi è capitato più di una volta di arrivare a dimostrare dei risultati (ovvero a portare degli argomenti euristici convincenti per la loro correttezza) e solo successivamente alcuni matematici di grande classe, dopo molti anni di duro lavoro, sono riusciti a trasformarli in veri teoremi”. Fece la tesi con Nicola Cabibbo, nel 1971 entrò per due anni al centro di ricerca di Frascati, poi trascorse esperienze di lavoro a New York, Parigi, Amburgo, Ginevra e, dopo un anno alla Columbia, tornò definitivamente in Italia: “anche se avevo ricevuto molte offerte allettanti all’estero, non mi sono mai pentito di questa decisione”. Parisi è divenuto uno dei massimi esperti mondiali in meccanica quantistica e teoria dei campi; ha introdotto una complicatissima modellizzazione in cromodinamica quantistica, le cosiddette equazioni DGLAP (l’ultima lettera sta per Parisi); ha elaborato l’equazione differenziale stocastica per i modelli di crescita per la “random aggregation”; ha ben studiato la dinamica degli storni quando si muovono in grandi gruppi; da decenni ottiene riconoscimenti internazionali e continua a insegnare Fisica teorica e Teoria dei quanti nelle università romane, sempre impegnandosi per politiche pubbliche ben finanziate, innovative e inclusive, relative alla ricerca in Italia.
Il grande scienziato Giorgio Parisi conversò nel 2006, quindici anni fa, con un bravo editore romano, una quindicina di brevissime domande e altrettante corpose risposte in forma di saggio discorsivo. Ne nacque un agile volumetto di divulgazione della sua carriera di fisico, del concetto di realtà fisica e dello spazio-tempo soprattutto negli ultimi due secoli, del contributo dei calcolatori e dei progressi tecnologici all’evoluzione della fisica moderna, del significato dei sistemi complessi, del rapporto tra fisica e altre discipline scientifiche soprattutto la biologia, dei nessi fra “lineare” e “caotico”, dell’influenza dei criteri estetici e dell’arte sulla ricerca avanzata e sulle “belle” teorie, delle scelte da compiere nelle politiche universitarie del nostro paese. In fondo vi sono brevi note biografiche di 25 personalità scientifiche (più volte richiamate nel testo), in ordine alfabetico da Bohr (1885-1962) a Whitehead (1861-1947).
Il titolo deriva da una vecchia barzelletta: un ubriaco, di notte, si mette a cercare una chiave sotto un lampione. Arriva un tale che lo aiuta ma, non trovando nulla, gli chiede se è proprio sicuro di aver perso lì la chiave. L’ubriaco risponde: “No, non sono affatto sicuro, ma è qui che c’è la luce”. Ecco, gli scienziati fanno le cose che riescono a fare. Quando si accorgono di disporre dei mezzi per studiare qualcosa, che fino a quel momento era stato trascurato, allora s’impegnano per quella strada. Il volume di Parisi è chiaro, comprensibile, esemplare, riedito a ottobre 2021 non appena gli è stato meritoriamente assegnato il Nobel per la Fisica, sesto italiano dopo Marconi (1909), Fermi (1938), Segrè (1959), Rubbia (1984), Giacconi (2002).
La chiave, la luce e l’ubriaco. Come si muove la ricerca scientifica
Giorgio Parisi
Scienza
Di Renzo Editore
2021 (seconda edizione, 1° 2006)
Pag. 75 euro 12