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SOphie del Cabaret Voltaire, per il centenario del movimento DADA, di Ombretta De Biase
12/01/2017, 09:54 | AttualitàIn scena il 5 e 6 novembre 2016 al teatro Out-Off di Milano, SOphie del Cabaret Voltaire, scritto e diretto da Enrico Bernard, ci si rivela come un balsamo ristoratore per le nostre menti a rischio ottundimento per la modestia, non solo culturale, della maggior parte delle proposte attuali. Lo spettacolo, con i costumi di Sofia Viehover e le illustrazioni di Monia Romanelli, è stato prodotto dall’associazione culturale Naschira ed è inserito nella rassegna di monologhi al femminile “Donne d’Amore”. L’opera celebra il centenario dalla nascita, nel novembre del 1916, del movimento DADA e del Cabaret Voltaire di Zurigo, luogo fisico di spettacoli e di incontri fra i suoi giovani fondatori. La messa in scena, ispirata alla vita e all’arte di Sophie Taeuber Arp, compagna di Hans Arp, si sviluppa nel retro del Cabaret: è lì che lavora e crea Sophie - Beatrice Messa, eccel- lente nell’interpretazione del suo personaggio -, intorno a un lungo tavolo sommerso da stoffe, cappelli, carte e disegni mentre a destra, un manichino - l’esperta performer e attrice Teodora Nadoleanu -, si anima e interagisce nei panni di Lenin, Tristan Tzara, Hans Arp e persino Einstein.
Parole e azioni risultano divertenti, dissascranti, ironiche, poe- tiche, mentre puntualmente rievocano i principi fondanti della rivoluzione Dada, oggi a rischio d’oblio da parte delle nuove generazioni. L’autore concede solo lo stretto necessario alla narrazione tradizionale, un misurato Davide Gallaci, mentre fatti storici ed eventi personali sono espressi nella forma di un pensiero interiore e onirico segnato da un ritmo “rap”, nel senso di “scrittura immediata’ che si rifà all’intento dadaista di “poetizzare il mondo”. Possiamo dire che abbiamo assistito a uno spettacolo intelligente, il che non succede sovente.
NOTA DELL’AUTORE ENRICO BERNARD
Il testo si ispira alla vita e all’avventura artistica di Sophie Taeuber Arp, compagna di Hans Arp tra i fondatori del movimento Dada, il cui Manifesto compie cento anni. Musa ispiratrice e animatrice dei giovani artisti che nel periodo a cavallo della Prima guerra mondiale realizzarono a Zurigo il sogno di una rivoluzione totale nel campo della creatività aprendo le porte alle moderne concezioni del surrealismo e del teatro dell’Assurdo fino a Andy Wahrol e alla concezione della “leggerezza” di Italo Calvino - la figura di Sophie è sempre passata in secondo piano per- ché offuscata dalle grandi personalità maschili che animavano il gruppo Dada. Oltretutto il suo carattere di donna portata all’attività artistica con- creta (fu sarta, coreografa, costumista e pittrice) non ha finora permesso una valutazione complessiva del suo apporto all’idea dadaista. La funzione determinante di Sophie fu infatti quella di spingere la ricerca dadaista sul campo della realizzazione pratica delle formulazioni teoriche stimulando così la creatività su un piano di concretezza non solo dello spirito, ma anche della produzione manuale di perfomance e oggetti artistici.
Nel testo vengono messe in luce le influenze che il modo rivoluzionario dada di concepire la realtà ebbe sia in chiave politica (le frequentazioni con Lenin a Zurigo) sia in chiave di pensiero scientifico: poco infatti si è finora indagato sulle correlazioni tra la “relatività” di Einstein (presente a Zuri- go nel periodo in questione) e il relativismo antiformalistico dei dadaisti. Nel testo si azzarda anche l’ipotesi di un incontro dal vivo tra Einstein, i dadaisti e Lenin. Un incontro storicamente non dimostrato ma culturalmente possibile data la presenza contemporanea a Zurigo di questi perso- naggi intorno al mitico Cabaret Voltaire, luogo di riunione dei giovani dada. In un momento culturale in cui imperversa il piatto realismo, il documentarismo, il testo intende distinguersi da una semplice forma docu- mentaria e narrativa; per questo si è adottata una dimensione “poetica” in modo da riferirsi a fatti storici e eventi personali nella forma del pensiero interiore ed onirico che solo il ritmo del “rap” può tradurre in un esperi- mento di “scrittura immediata”. Ciò al fine di realizzare quella “poetizza-zione del mondo” che i dadaisti, prosecutori e critici del futurismo e antici-patori delle tecniche surrealiste, intesero realizzare anche con rime da filastrocca o onomatopeiche.