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IN PIERO BIGONGIARI, A CENTO ANNI DALLA NASCITA, TRA IL FUTURISTA E L'ERMETICO, VIVE LEOPARDI
13/10/2014, 15:07
Ci sono percorsi nella vita di Piero Bigongiari che “oscillano” tra il confronto con i testi e la ricerca della parola poetica. Una destrezza che è anima creatrice. Rileggerlo significa, tra l’altro, mettere le mani in un Novecento delle sfide poetiche. Sfide sì, perché i suoi studi sono principalmente incentrati, sul piano letterario, sue due elementi: quello Futurista e quello pre e post ermetico.
Infatti sul Futurismo dirà: “Il futurismo ha adempiuto a una vera e propria rivoluzione del rapporto fra l’uomo e la scrittura, fra l’uomo e la parola….”. Più volte ho riletto le sue pagine e i suoi suggerimenti critici e la chiave di lettura proposta sul Futurismo presenta una forte attualità.
Una rivoluzione del linguaggio nella vita dell’uomo. D’altronde Bigongiari, nato a Navacchio il 15 ottobre del 1914 e morto a Firenze il 7 ottobre del 1997) fu uno degli ermetici più sottili che usò la lingua come estrema visione del sublime.
Dal 1942 al 1996 i suo intesti poetici hanno tutti un filo che si intreccia ad una liricità che trova nella metafisica la sua centralità.
In fondo alla base della sua formazione c’è Giacomo Leopardi, ma questo non lo allontana dall’approfondire e proporre come modello innovante il Futurismo come arte e come linguaggio.
Al 1947 risale la sua elaborazione sulla lirica di Leopardi sino all’ultimo saggio che porta la data del 1962. una poesia come estremo limite di un intermezzo. Ma sono consistenti i suoi costanti confronti con tutta la poesia. Si pensi alle sue considerazione sulla poesia di Sandro Penna.
Nel 1950 ebbe a scrivere su Penna: “Nell’intervallo rumoroso tra gli anziani e i giovani della poesia italiana, intervallo riempito di espedienti tecnici ma in definitiva avaro di autentica poesia, il nome di Penna è destinato a restare./ Con un suo contenuto povero, giuntogli dissanguato dal binomio Saba – montale che ha esaurito la ‘ prosaicità’ e l’ ‘occasione’ poetica lasciando ben poco ancora da cavare da un discorso poetico che abbia avuto come punto di partenza il tono crepuscolare, Sandro Penna è riuscito ad avviare il suo piccolo ma completo discorso, pur restando ancora così vicino, pericolosamente, ai suoi ‘anziani’, forse proprio perché si è fermato all’introibo del suo trasalimento. Nasce, questo discorso, da una interiorizzazione dell’impressionismo: da un impressionismo riflessivo”.
Vero e serio conoscitore del Novecento letterario. Sapeva fare le distinzioni, ma conosceva il tessuto sia storico che letterario della poesia sia dei parametri poetici. Da poeta. Forse è proprio vero che i veri conoscitori della storia della poesia restano i poeti, ovvero quelli che la poesia la creano.
Ma la sua visione articolata sul Novecento, da critico – poeta, resta la profonda conoscenza del Futurismo. Resta importante questa cesellatura: “…Il futurismo ha veramente rovesciato la concezione classicista dell’uomo come utente di parola che era considerata stitica, mera portatrice di significati, di cui si spossessa nell’atto stesso della pronuncia, rimanendo soltanto il ritmo fermo, drastico, puro del suo passaggio di messaggera ignara di un messaggio ne varietur. Nel futurismo l’opera di Marinetti, direi, ha una fondamentale importanza soprattutto per il carattere che egli è riuscito a esplicare attraverso i vari manifesti – non solo nel primo ma anche negli specifici manifesti successivi – di una poesia tutta pragmaticamente sublimata nella propria poetica”.
In realtà Bigongiari poeta giunge all’Ermetismo attraverso il Futurismo. La sua poesia è stata attraversata dalla parola futurista. E tra Futurismo ed Ermetismo coraggiosamente pone Giacomo Leopardi.