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"PICCOLO MONDO ANTICO" CON FOGAZZARO A 110 ANNI DALLA MORTE (MARZO 1911)
10/03/2021, 10:06
C’è una grande Storia, quella impressa nei manuali, fatta di grandi nomi, grandiosi eventi; la Storia di casate e successioni, di dichiarazioni di guerra e trattati di pace, di vincitori e vinti; la Storia al passato remoto, dove le nazioni agiscono quasi fossero corpi giganteschi, senz’anima, mossi dal personale interesse; e poi ce n’è una più piccola, di storia, spesso afona, che convive discreta con la prima e ne subisce, suo malgrado, l’influsso; la storia del popolo, quella dei sentimenti condivisi, un racconto all’imperfetto ricamato di piccoli, grandi episodi. Agli scrittori il privilegio di darle voce: Piccolo mondo antico (1895) ne è una celebre dimostrazione.
Un mondo piccolo, dunque, perché abitato da persone comuni, meteore che sfrecciano nel firmamento senza lasciare traccia; antico, perché appartiene, sì, al passato, ma rivive con forza nella memoria collettiva. Di fatto, il romanzo di Antonio Fogazzaro guarda al primo Risorgimento con gli occhi dei piccoli protagonisti: non la dinastia sabauda, né il nemico austriaco, neppure l’alleato francese - sì menzionati, sì determinanti, ma confinati sullo sfondo. Stavolta, mentre i soliti noti scendono in campo e si contendono le sorti della partita, i riflettori illuminano la panchina su cui siedono migliaia di vite silenziose.
Il quotidiano è immune alle ragioni di Stato; occupazione o indipendenza, assolutismo o democrazia, la vita continua con le sue solide costanti: si nasce, si cresce, ci si innamora, si soffre, si pranza in compagnia, si impreca durante una partita a carte, ci si pente davanti ai propri errori, si muore, e poi tutto da capo: è il ritornello di una canzone senza tempo.
Si veda, dunque, il microcosmo dello scrittore vicentino, d’ispirazione autobiografica. È possibile ritrovarsi nelle divergenze familiari che coinvolgono il liberale Franco e la nonna conservatrice; si condividono i dubbi della giovane Luisa, di origini modeste, che guarda al cielo con curiosa diffidenza; si parteggia per l’unione dei due giovani innamorati, che affrontano ostacoli e disapprovazioni; si ride alle piccole diatribe dei coniugi Pasotti; si ascolta, con tenerezza, lo zio Piero recitare una filastrocca, sempre la stessa, alla piccola Ombretta Pipì; ci si indigna per l’ingiustizia del testamento originale del nonno Maironi, tenuto a lungo nascosto; si soffre al distacco della coppia, che cerca una stabilità economica; si viaggia con loro sul lago Maggiore, si trattiene il fiato al passaggio delle guardie nemiche; si piange per la morte della piccola Maria, vinta dalle acque dello stesso lago; si partecipa, con doloroso rispetto, alle sedute spiritiche del professor Gilardoni; si assapora l’ultimo incontro degli sposi, prima che Franco scelga di unirsi all’esercito piemontese; e, infine, ci si apre alla speranza quando il cuore di Luisa, inaridito dalle circostanze, torna a battere per una nuova vita.
Ecco che i personaggi del testo raccontano un mondo che, in fondo, non è poi tanto piccolo, né così antico: il contesto rimodula una trama che, in fin dei conti, è sempre la stessa. La loro storia è anche la nostra.