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PER PAPELITO, "ODE AL GATTO" DI PABLO NERUDA

27/08/2014, 19:09
2014

Miao….miaooo, miaooooo…Avvinghiato al ramo di una quercia del mio casale, piccolo e tremante, mi guardava, ma sarebbe più corretto dire… mi puntava!
E’stato un colpo di fulmine ed ho subito capito che mi ero regalata ad un gatto.“Papelito”…è il nome del mio gattino, che significa piccolo pezzo di carta nella lingua che amo, ma oggi direi più che altro un’arma fatale travestita da batuffolo di morbido pelo rosso!
Misteriosi, impenetrabili, enigmatici, amo i gatti, amo la loro eleganza, la loro indipendenza, la loro arroganza, il loro sguardo calmo e indagatore.
"Il gatto non parla, ma con tocchi leggeri, testate e strusci ti dimostra il suo amore e cerca di distoglierti dal tuo dolore" (P.Brown)
E un piccolo pezzetto di carta ha il potere di fare tutto ciò ? Sì, cosí come ne ha avuto il potere e l'ardire il suo predecessore,”Zucchero”, nei 14 lunghi anni in cui ha degnato la mia famiglia della sua maestosa, affettuosa presenza.
Amo i gatti e sono in ottima compagnia, visto quanti scrittori e poeti hanno dedicato pagine bellissime a questo nobile felino. Io vi propongo una poesia di uno dei maggiori poeti dei nostri tempi, il cileno “Premio Nobel per la Poesia (1971) Pablo Neruda
Un'ode che spiega tutto.


ODE AL GATTO  - Pablo Neruda
 

Gli animali furono
imperfetti,
lunghi di coda, squallidi
di testa.
A poco a poco
si formarono,
divennero paesaggio,
e acquistarono nèi, grazia, volo.
Il gatto,
solo il gatto
apparve completo
e superbo:
nacque completamente terminato,
cammina da  solo e sa ciò che vuole.


L'uomo vorrebbe essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere ali,
il cane è un leone disorientato,
l'ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per farsi rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
e invece  il gatto
vuol  essere soltanto gatto
e ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d'oro.

Non c'è unità
pari a lui,
né la luna né il fiore
ha tale connessione:
è una cosa sola
come il sole o il topazio,
e l'elastica linea  ai suoi contorni
fermi e  sottili
è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola
fessura
per gettarvi
le monete della notte.


Oh piccolo
imperatore senza orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto, nuziale
sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell'amore
all'aria aperta
tu reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
annusando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perchè tutto
è immondo
per l 'immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente
della casa, arrogante
vestigio della notte,
pigro, atletico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
polizia  segreta
delle stanze,
insegna
di uno scomparso velluto,
sicuramente non c'è
enigma
nel tuo contegno,
forse non sei mistero,
tutto il mondo ti conosce e tu appartieni
all'abitante meno misterioso,
forse tutti lo credono,
tutti si credono  padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni, 
colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Io no.
Io non sono d'accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto: la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo e i suoi pervertimenti,
il più e il meno della matematica,
gli imbuti vulcanici del mondo,
la scorza irreale del coccodrillo,
la bontà sconosciuta  del pompiere,
l'atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare un gatto.
La mia ragione scivolò sulla sua indifferenza,
i suoi occhi  hanno numeri   d’oro.





 

Alessandra Bonanni

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