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GRAZIA DELEDDA, LA SARDEGNA E DANTE ALIGHIERI
04/01/2017, 18:35A Pozzallo non sbarcano soltanto i migranti, i disperati del Mediterraneo, ma dal 19 al 22 gennaio prossimi l’Associazione Internazionale dei Critici Letterari che mi onoro di presiedere, farà sbarcare scrittori, critici e giornalisti per il nostro Convegno che quest’anno sarà sui Premi Nobel per la letteratura nel mondo, in Francia, Spagna, Romania, America Latina, Albania, Stati Uniti (sì, Bob Dylan…) e ovviamente anche in Italia, Dario Fo, i siciliani Quasimodo e Pirandello e Grazia Deledda.
La bravissima dantista e scrittrice Giovanna Ioli presenterà una relazione sulla presenza, sotterranea e/o esplicitata, di Dante nell’opera dei più importanti Premi Nobel, dal 1901 ad oggi. La ringrazio anticipatamente perché mi ha fatto scoprire questo aspetto inedito sulla nostra Premio Nobel.
Con il permesso di Giovanna Ioli, che l’AICL- Associazione Internazionale dei Critici Letterari si onora di avere tra i suoi iscritti, vorrei condividere con i miei lettori queste informazioni. Eccole:
“In questo sintetico volo radente alla ricerca sommaria di un Dante sotterraneo negli autori che hanno vinto il Nobel per la letteratura, manca Grazia Deledda, la prima donna a ricevere quel riconoscimento nel 1926. Non c’è traccia evidente di Dante nella sua opera, come se volesse lasciare sotto terra il suo nome, sepolto sotto una coltre di silenzio, ma questa sarebbe anche la prova che avesse letto con molta attenzione la Commedia, dove la sua Sardegna non merita alcun posto in Paradiso. Nella prima cantica, invece, nella pece bollente della bolgia dove stanno i barattieri, c’è «frate Gomita, quel di Gallura, vasel d’ogne froda» e il sassarese «Michel Zanche / di Logodoro; e a dir di Sardigna / le lingue lor non si sentono stanche». In Purgatorio, invece, Dante è felice d’incontrare fra i salvati il “gentile” Ugolino (detto Nino) Visconti, Ultimo Giudice di Gallura, che prega Dante di raccomandarlo alle preghiere della figlia, poiché la sua vedova – una “vipera” – lo aveva subito dimenticato e sostituito con un altro uomo. E questo potrebbe essere l’indizio più credibile per motivare il silenzio di Grazia Deledda, l’assenza della “loda” per le donne di Sardegna, le “barbaricine”, che nella seconda cantica sono chiamate in causa come donne di dubbia moralità, perché indossavano un corsetto che comprimeva i seni lasciandoli scoperti, anche se Dante mette in bocca a Forese Donati la considerazione che, comunque, erano meno scostumate delle fiorentine.”