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"LETTERA IN VERSI" PER NAZARIO PARDINI
LETTERA in VERSI viene diffusa unicamente via posta elettronica ed è pubblicata con cadenza trimestrale.L’ultimo numero, il 52, è stato redatto da Rosa Elisa Giangoia e Liliana Porro Andriuoli
20/01/2015, 22:43LETTERA in VERSI è una newsletter di poesia, contenuta in allegato leggibile nel blog di BombaCarta, a carattere monografico, nata da un’idea di Margherita Faustini e Rosa Elisa Giangoia, che ne cura la realizzazione con la collaborazione di Liliana Porro Andriuoli.
LETTERA in VERSI viene diffusa unicamente via posta elettronica ed è pubblicata con cadenza trimestrale. Per riceverla o per revocarne l’invio ci si può rivolgere all’indirizzo rogiango@tin.it.
L’ultimo numero, il 52, è stato redatto da Rosa Elisa Giangoia e Liliana Porro Andriuoli ed è dedicato al poeta Nazario Pardini.
Nazario Pardini, nato da famiglia contadina a San Guliano Terme (Pisa) il 25 febbraio 1937, risiede ad Arena Metato, in provincia di Pisa, città presso la cui Università ha conseguito le lauree in Lingue e Letterature Comparate e in Storia e Filosofia. Per oltre quarant’anni ha insegnato negli Istituti scolastici di diverso ordine e grado materie inerenti alle sue lauree. Ha ricoperto inoltre ruoli amministrativi e didattici come componente di commissioni per concorsi a cattedre ed è stato impegnato nell’aggiornamento degli insegnanti.
La sua passione per la poesia si perde nei tempi della fanciullezza con le prime composizioni (tra cui un poemetto d’ispirazione dantesca) risalenti agli anni 1952-53. Ha iniziato a pubblicare le sue poesie dal 1993.
Tra le sue raccolte ricordiamo: Elegie (Edizioni Giuseppe Laterza, Bari 1995), Il fatto di esistere (Lineacultura, Milano 1996), Alla volta di Leucade (Mauro Baroni Editore, Viareggio-Lucca 1999), Si aggirava nei boschi una fanciulla (Edizioni ETS, Pisa 2000), Le simulazioni dell’azzurro (Edizioni ETS, Pisa 2002), Canti d’amore(BookSprint, Buccino, SA, 2010), I simboli del mito (Il Croco, Pomezia 2013), Stagioni - Antologia poetica (Magazzino 51, Vicenza 2013),
La sua produzione poetica ha ricevuto importanti riconoscimenti dalla critica e al poeta sono stati assegnati numerosi premi letterari. Uno fra gli ultimi riconoscimenti alla carriera è la “Laurea Apollinaris Poetica”, conferitagli nel maggio 2013 dall’Università Pontificia Salesiana di Roma.
Nazario Pardini collabora a giornali e riviste, ha fatto parte e continua tuttora a partecipare a giurie di Premi Letterari insieme a scrittori di rilievo, quali VittorioVettori, Mario Luzi, Roberto Carifi, Paolo Ruffilli. Da tre anni, coadiuvato da una società d’informatica di Torre del Lago (LU), ha dato vita ed è animatore di un importante blog letterario “Alla volta di Lèucade”.
Dalla sua importante e nutrita produzione proponiamo due liriche.
Ulisse
(il ritorno)
Qui tutto è sapido. Lo so! I profumi
dell’isola, il ginepro, la lavanda,
e tu che ho ritrovato. Ho sempre in mente
il volo urlato della procellaria.
Mi strappava la carne. Le sirene
misteriose e adescanti e io che immobile
all’albero maestro volli fendere
i nascondigli fitti del sapere,
i più vogliosi. È questa la mia isola.
Qui alla sera torna a dilatarsi
l’idea dei meriggi e il lungo andare.
E ancora estendo sguardi in lontananze
sperdute. Mi lasciarono nell’anima,
crepata di salsedine, le note
che tornano insolute. È sempre aperta
la sfida tra l’eterno e me che cerco
con gli occhi indolenziti quella luce
che mi soverchia. Ma stasera il mare
riporta chiare voci di Calipso
e di Circe. E il canto di una vergine
fanciulla intenta al suo corredo.
Sento ancora la sua candida pelle
su me adusto di sale. Ritornare
era il mio sogno. Eppure condannati
siamo sempre dai gorghi della vita
che le spoglie depongono. Nell’anima
germinano e si fanno giganti al
calare. Ognuno tiene di Nausicaa
chiusa con sé nel fondo una sembianza
mai defilata. Ed ora salta fuori
e porta dietro ogni contorno d’anni
e di stagioni che non solo amore
significa, ma voglie e nostalgie
che trovano le vie le più nascoste
e avanti a noi si levano. La ciurma
è lì che attende. Ancora salperemo
oltre colonne, questa volta, mitiche
d’impedimento ai sogni. L’ora è giunta.
Se il mio destino vuole che ritorni
ai familiari usi ed ai barlumi
dell’isola agognata, porterò
con me più luminoso il cielo. Se
perire vorrà ch’io debba in mare
straboccante d’immenso sopra i limiti
del mio essere umano, perirà
assieme a me l’eterna primavera
di chi non sentì mai sopita in anima
la voglia del viaggio. Poi tornare
nuovi. O superbi spegnerci per via.
(da Alla volta di Lèucade, Mauro Baroni Editore, Viareggio, 1999).
Il canto di Saffo
A che cosa puoi pensare di più bello
sopra la terra bruna? Uno risponde
– Torme di cavalieri – oppure un altro
– Di fanti – un altro ancora – Di navi – Io
– Ciò che si ama, soltanto, ciò che si ama.
Come farlo capire a tutto il mondo.
Non è passato tempo tanto lungo
che Omero ce ne disse. Sarà mito
o forse storia vera. Il fatto sta
che pure il mito cresce sulle storie
eccelse degli umani. E giusto di Elena
desidero cantare. Della donna .
più bella del mondo. Abbandonò
il marito (era prode) e la sua gente
e tutto. Se ne andò per via di mare
verso Troia. Non ebbe più pensiero
per sua figlia e i parenti. Solo Cipride
l’avvolse nella brama. Che memoria
mi desta l’Anattoria. Pur lontana.
Vorrei vedere di Elena il barbaglio
sopra il suo viso chiaro, vorrei scorgere
di Elena il portamento, il femminile
incedere. Di ciò sono bramosdi questa libertà che provo anch’io
nel fondo del mio seno. E questo è umano,
è divino ed eccelso. Quest’amore
che strugge il mio sentire, la mia carne.
Cola sudore, un tremito mi preda,
mi faccio verde, più verde dell’erba
mi vedo, che la morte così tanto
lontana poi non pare. Ed il tuo trono
è vario e le tue trame sono subdole
Afrodite. Raggiungimi, raggiungimi.
Già un’altra volta ti giunse la mia
voce distante. Tu l’esaudisti.
Avevi messo al giogo del tuo carro
passeri lievi. Ed eri trascinata
sopra la terra bruna dal frullìo
folto dell’ali. È questo il carro d’oro
che strugge la mia anima e d’attorno
alita canti, suoni e incantamenti;
non di certo lo fanno i carri lidi,
o il greve stridere bronzeo dei fanti,
od il nitrire tetro delle guerre
(da“Canti arcaici” in “Alla volta di Lèucade”, Mauro Baroni Editore, Viareggio, 1999).