Sei in: Rubrica La Poesia, I Poeti » LA VOCE DELL'ACQUA NELLA POESIA DI IOLE CHESSA OLIVARES
LA VOCE DELL'ACQUA NELLA POESIA DI IOLE CHESSA OLIVARES
30/03/2017, 11:28
Il motivo dell'acqua ritorna con significativa costanza nella poesia di Iole Chessa Olivares, da In piena sulla conchiglia (2002) a Nel finito... mai finito (2015).
L'acqua si collega all'idea della vita e della rigenerazione. È noto a tutti come l'acqua sia simbolo dell'inconscio, come tra l'acqua e l'inconscio esista una identità di significante e significato.
Meglio di ogni altro elemento essa rappresenta uno stato regressivo, simboleggia la sostanza primordiale da cui nascono tutte le forme e a cui ritornano per regressione o sul piano cosmico per cataclisma.
L'immersione nell'acqua, che raffigura l'approccio dell'io cosciente con l'inconscio mediante una regressione nel preformale che include la possibilità di una rigenerazione, è riprodotta sul piano cosmico dal diluvio, che scioglie il mondo, ed equivale sul piano umano alla morte come solutio, ritorno alla condizione iniziale nel liquido amniotico dell'utero materno, alla condizione prenatale.
A ben vedere il tema dell'acqua è strettamente legato nella poesia di Iole a quello dell'isola natìa, a quel particolare sentimento dell'isola che è propria del sardo.
Nicola Tanda a proposito di Dessì osservava: «La paura del mare, il rischio della perdita d'identità, rinvia al destino di una civiltà che si difende arroccandosi».
Come scrive Dessì in Scoperta della Sardegna il sardo che vive sul Continente «ha sempre alle spalle il mare, una zona di silenzio e di buio che lo separa dal mondo materno della sua isola».
Così avviene anche nella poesia di Iole Chessa Olivares.
In In piena sulla conchiglia (2002) si segnalano i due componimenti dedicati a La Maddalena, «l'isola del vento», ovvero Il richiamo («Da rive di memoria / soccorrevole...») e Canto per l'isola («Intima a spume di smeraldo...»).
A partire da questa raccolta si evidenzia quello “sperdimento” della poetessa sospesa tra il finito e l'infinito di cui giustamente parla Neria De Giovanni nella sua postfazione a Nel finito... mai finito (2015).
Si pensi a Magia del vento: «Dal vento imparo a non essere nessuno / a non andare per ranuncoli e viole...».
Nella successiva silloge, Quel tanto di rosso (2007), si segnala il componimento Salutavo il mare: «Salutavo il mare / bevendolo, / la sua acqua / grembo e orizzonte / al mio inchiostro...».
È il rito di bere l'acqua salata per portarsela dentro nel congedarsi dal mare-grembo. È il motivo del mare-grembo che ritorna anche in Il faro, che è dedicato al faro di Cala mosca presso Cagliari: «Nel buio desolato / porta in grembo / un quasi sole, / un labile raggio / che evapora sfiorando le pupille...».
In La buccia del grido (2008), al di là del componimento eponimo e di Belato di rimedio, si segnala soprattutto Anime perse: «Brevi le intese, isola nell'isola / avvistata e... perduta, / un labile chiarore / per aiutarsi nel buio // mentre la vita trasmigra: / algida al varco, senza abbagli / guarda crescere e morire / l'effimero d'ogni mutamento».
Rinunciando a un esame dettagliato, che altri hanno fatto, dell'ultima raccolta Nel finito... mai finito (2015), ci limitiamo ad evidenziare una linea di sviluppo che si afferma lì come si afferma un motivo in una sinfonia.
Ecco dunque nella prima sezione Nel sogno e nella veglia («Ma... il movimento vero / è sempre altrove») e ancora Nel finito.. mai finito e infine Sospeso azzurro.
Ecco quindi nella seconda sezione Senza attenuanti («Ah... l'amore... l'amore / cammina libero / non affonda nella sua dismisura...») e poi Nella Casaluce, dedicata alla Fondazione Il Fiore, dimora del poeta-avvocato fiorentino Alberto Caramella, e ancora Lo spirito dell'altrove («E nessuno l'aiuta / se non la radice viva / di un laggiù lontano / a naso in su / in devoto sperdimento»).
Ecco La parola giusta («Antica vestale delle lontananze...») e Dea d'altra luce, dedicata alla donna-rosa.
Ecco inoltre D'acqua un sorso con il motivo del bere l'acqua che abbiamo già sopra evidenziato nel suo significato e nel suo valore: «D'acqua un sorso / prima che la muta del mondo / saldi / le fessure dell'anima / nel sepolcreto dei vivi / uccida I passeri / a macchia raccolti / nella soffitta del cuore».
Ecco infine nell'ultima sezione, che è intitolata significativamente Il mio mare, L'isola felice («altrove d'ogni speranza»), Senza vestali («Più oltre / luce d'acqua / il ricamo di un'isola / in balenante alone») e Occhio di luce, che è dedicata a Garibaldi e a Caprera.
Il componimento conclusivo, Respiro verde celeste, è quello che meglio esprime il senso della raccolta: «Una lingua di sabbia / acqua / detriti di cielo / mutevoli quanto basta / mi scavano l'infanzia. // Io / abbacinata dal mare / sempre in me / lo porto e vivo / come preghiera».
Poesia-preghiera a suggellare questo affascinante percorso poetico di Iole Chessa Olivares.